giovedì 23 novembre 2017

Una nuova Amica nella mia Cucina: l'Alga Spirulina

Nonostante l'apparente novità, non sono del tutto nuova all'utilizzo di alghe e/o "superfoods" nella mia alimentazione.
Un paio di anni fa, infatti, avevo fatto un periodo in cui assumevo regolarmente erba d'orzo ed alga spirulina, e devo dire con evidenti benefici sulla mia salute.
I motivi per cui ho smesso sono stati essenzialmente di carattere economico (entrambi, almeno ai tempi, costavano un'esagerazione: ricordo che un barattolo piccolo di erba d'orzo mi costava più di 50 euro!!!) e perchè, ammettiamolo, il gusto mi faceva un pò schifo e non sapevo come inserirle nei miei pasti senza avere l'impressione di "rovinare" il cibo su cui mettevo la polvere.
Per questo,le prendevo mescolate all'acqua e vi giuro che il risultato era un intruglio imbevibile!
Così ho smesso, e il mio corpo si è rapidamente "dimenticato" di quanto quelle polveri verdi e ricche di clorofilla, vitamine, minerali e antiossidanti lo facessero stare bene.


Del tutto casualmente, parlando con un mio collega, è emerso l'argomento "spirulina" e nella mia testa si è riaccesa una scintilla.
Sempre casualmente, nell'ultimo periodo stavo facendo particolarmente fatica a digerire e ad assimilare le proteine del siero che sto prendendo più o meno da sei mesi: dopo aver bevuto un frullato proteico mi sentivo sempre gonfia, con la nausea e un pò stordita, sintomo che qualcosa non stava funzionando a dovere.


Per cui, armata di buona volontà, mi sono recata all'Esselunga e ho acquistato una confezione di alga spirulina in polvere, con l'intenzione di sostituirla alle proteine del siero all'interno dei miei frullati della colazione e del pranzo.




Non avevo memoria del sapore dell'alga, per cui non avevo idea di come si sarebbe potuta sposare con banane, cachi, mele, pere e mango; per avere qualche spunto, ho cercato su internet e mi sono usciti decine di siti con ricette di frullati alla spirulina, e devo dire che la gente la ficca veramente dappertuto e in abbinamento a qualsiasi cibo, dal dolce al salato alla spezia!
Questo mi ha confortato non poco: difronte ad "estrosità" quali il frullato di spirulina+ ananas+ gambo di sedano+ radice di zenzero+ cannella...un "semplice" e modesto frullato spirulina+banana+caco non dovrebbe fare un grosso danno al mio organismo!  


Saggiamente, ho deciso di sperimentare la spirulina durante il week-end, quando ero a casa, in modo da poterne gestire più facilmente eventuali effetti "collaterali" (leggi mal di pancia e "caghetto").
E ho fatto bene, anzi, benissimo, in quanto, circa un'ora dopo l'assunzione, mi sono dovuta precipitare in bagno ad evacuare come se non ci fosse un domani!


Niente di grave: avevo solo toppato alla grande le dosi!


Infatti, senza dare retta agli avvertimenti letti su internet ("si consiglia di iniziare gradualmente con una punta di cucchiaino da tè o un cucchiaino raso") io, che su certe cose sono priva di cognizione, ne ho messo un cucchiaino bello pieno, oserei dire strabordante, e il frullato che ne è uscito era qualcosa di assolutamente VOMITEVOLE!!!


Subito dopo la seduta in bagno, sono tornata in cucina con la mezza idea di cacciare nel rudo i 4 euro di spirulina e di tornare alle mie proteine del siero, ma poi mi sono fermata e mi sono detta: magari proverò a darle un'altra chanche!


La mattina successiva ho consumato il consueto frullato con le proteine del siero, accompagnato dal consueto gonfiore. Vabbè.


A pranzo, però, ho voluto ritentare la sorte e, al posto delle proteine del siero, ho messo un cucchiaino scarsissimo di spirulina, ho frullato il tutto (avevo messo banane, un caco, una pera kaiser e un paio di datteri) e ho versato quel composto denso e verde brillante nella mia ciotola, guardandolo un pò in cagnesco, memore dell'esperienza del giorno prima.


Ne ho assaggiata una punta...e devo dire che non mi è dispiaciuto affatto!
Ne ho messa in bocca una bella cucchiaiata...ed è stato il "PARADISO ALL'IMPROVVISO"!!!
AMORE A PRIMA VISTA! (anzi, a seconda vista...)
Non avevo mai mangiato nulla di più buono, saziante ed appagante, e mi sono ritrovata a sbafare letteralmente una ciotola di frullato alla velocità della luce, con voracità, come un animale affamato.
Mamma mia, una delizia unica!
Quando l'ho finito ci sono rimasta malissimo, perchè ne avrei mangiato ancora e non vedevo già l'ora che arrivasse il mattino successivo per farmene un altro!
Finalmente ho capito perchè tutti ne fossero così entusiasti: dosata come si deve, la spirulina è veramente buona e trasforma un anonimo frullato in un pasto cremoso, denso, gustoso e di questo bel colore verde/blu che ti fa venire il luccichio agli occhi!
Questa mattina l'ho decorato con frutta secca e con una spolverata di farina di cocco...TOP, una roba per la quale non ci sono parola, bisogna mangiarla per rendersene conto!
Fatto sta che sono stata di ottimo umore per tutta la mattina, nonostante le consuete menate dell'ufficio.
E niente gonfiore addominale, finalmente.
Adesso, la spirulina ha soppiantato di netto le proteine del siero, di cui non ne sento affatto la mancanza; il mio palato, infatti, si sta abituando ad apprezzare i gusti "naturali" della frutta e dell'alga, senza quell'alterazione, gradevole ma artificiale, conferita dagli edulcoranti contenuti nelle proteine.
Le mie colazioni e i miei pranzi sono diventati più salutari, naturali, addolciti dalla sola frutta e dai datteri, senza sostanze sintetiche ad alterarne gusto e consistenza. 
E devo ammettere che, nonostante la mia passione per le proteine e per i "barattoloni" di integratori, corpo e mente mi stanno ringraziando per questa scelta.
Alla prossima


Francesca di Sport&Sapori

venerdì 10 novembre 2017

Le Vacanze...queste sconosciute!

Oggi vorrei fare un paio di riflessioni sulle vacanze e sui motivi per cui io non ne faccio dal 2015 (per mia scelta, non per necessità economiche o di salute).


Premetto che da piccola ero una grande fan delle vacanze, anzi, non vedevo l'ora di partire quando c'era in programma un soggiorno da qualche parte, che fosse al mare, in montagna, al lago o all'estero...mi andava bene tutto, l'importante era salire in macchina e lasciarsi trasportare nel clima "vacanziero"!




Tutto questo finchè, appunto, si trattava di andare "a traino" dei miei genitori, per cui il mio unico impegno era quello di fare la valigia, stare buona in macchina e godermi la vacanza.
Punto.
A tutto il resto, ovviamente, ci pensavano mamma e papà.


Poi sono cresciuta, e con l'età sono aumentati anche gli "sbattimenti" in materia di organizzazione delle vacanze.
Se prima eravamo noi tre, il cane e la nostra macchina, una volta diventata adolescente da tre si è passati ad almeno dieci (gli amici, i compagni di classe etc.) e gli spostamenti, da comodi quali erano sulla OPEL di papà, sono diventati dei veri e propri incubi sugli interregionali di Ferrovie dello Stato.
Per non parlare della qualità degli alberghi in cui alloggiavamo; io, abituata ad hotel cinque stelle in cui venivo servita e riverita e in cui si mangiava da Re, mi sono ritrovata a dormire in squallide pensioni a due stelle sulla riviera romagnola e a mangiare, quando eravamo fortunati, pasta al pomodoro scotta e mozzarella. 
Certo, quando hai sedici anni ti va bene tutto, l'importante è stare in compagnia e fare del casino.
Ricordo come se fosse ieri i rientri dalle discoteche di Riccione alle 4 del mattino, con le scarpe in mano perchè avevamo i piedi distrutti e le soste a mangiare piadine super-farcite, per poi crollare a letto e svegliarsi a mezzogiorno rincoglioniti e con la nausea (perchè una piadina mangiata alle 4 del mattino non è esattamente la cosa più leggera che puoi spedire nello stomaco!).


Un'altra vacanza che ricordo con immenso piacere è la vacanza-studio a Cannes, anno 1996, subito dopo la maturità classica: molto vacanza e poco studio, ad essere sinceri, perchè, sebbene fossi lì per imparare la lingua, si finiva sempre col parlare italiano.
Io e la mia amica Elisa eravamo ospiti di una signora sulla cinquantina, un'infermiera che viveva da sola in una bella casa sulle colline di Cannes; forse aveva un gatto, ma non ricordo con esattezza.
Vivendo in casa con lei, non potevamo certo fare le stronzate che facevamo a Rimini e a Riccione, però ci siamo comunque difese bene, poichè siamo riuscite a dare alla povera signora una certa dose di preoccupazioni.
Secondo me, dopo di noi la signora ha smesso di ospitare studenti di liceo!
Rircordo che, al mattino, ci faceva trovare per colazione delle baguettes appena sfornate, burro fresco, marmellate e immense tazze di latte caldo che mi facevano andare di corpo come se non ci fosse un domani; il pranzo era sempre "al sacco" (come previsto dal programma dell'ente organizzatore) e consisteva in un panino gigante farcito con tutto e di più: tonno, insalata, mozzarella, pomodori, maionese, salume...una roba pesantissima tanto che, dopo averla mangiata, l'unica opzione accessibile era quella di crollare in spiaggia a pancia in giù a smaltirne il carico glicemico.  
"Fortunatamente" (e sottolineo le virgolette) alla sera avevamo modo di rifarci con deliziose cenette preparate dalla padrona di casa e consumate in cucina con lei, nel tentativo di fare una conversazione (ovviamente in francese) che stentava sempre a decollare.
La mia amica Elisa ci metteva più impegno di me nel cercare di instaurare un "feeling" con la nostra ospite, mentre a me, proprio, non me ne fregava niente.
Le cenette, poi, erano decisamente scarse, a riprova che la signora non doveva essere una gran cuoca.
Spesso, infatti, io ed Elisa ci alzavamo da tavola con la fame per cui, con la scusa di incontrare gli amici, uscivamo di casa e ci infilavamo in qualche creperia a farci di crêpes alla Nutella o in gelateria a prendere vaschette giganti di Haagen-Dazs alla stracciatella (il nostro gusto preferito).
Devo ammettere che, in quel periodo, mi sono divertita parecchio: tra i sedici e i vent'anni, questo è esattamente il tipo di vacanza che uno desidera trascorrere.


Tra i venti e i ventiquattro anni c'è stata la fase Milano Marittima e Papeete Beach, in cui, in compagnia della mia amica Suly (diminutivo di Suleyma), mi piaceva fare la fighetta in abiti attillati e tacchi vertiginosi, sculettando per i locali di Milano Marittima alla caccia perenne di qualche bel ragazzo, anch'egli fighetto, possibilmente.


A venticinque anni mi sono stufata di fare quella vita insulsa (anche perchè, nonostante tutto il mio impegno, il ragazzo fighetto non l'avevo ancora trovato!!!), ho piantato in asso l'università ed ho iniziato a lavorare; sono uscita di casa, mi sono trasferita in un delizioso monolocale che mi costava 500 euro di affitto più le bollette, per cui ben presto mi sono ritrovata con pochi soldi da sputtanare in vacanze.


Nel frattempo ho conosciuto Lorenzo, fidanzato storico con cui sono stata sette anni, amante dei viaggi e degli aerei, il quale mi ha portata in giro per tutta Europa, a New York e in Messico.
Ogni estate una meta diversa, rigorosamente da raggiungere in aereo; guai a proporre a Lorenzo una destinazione a portata di automobile: per lui, quella, non si poteva definire "vacanza"; per lui, "vacanza" significava solo interminabili controlli ai check-in (tra l'altro erano gli anni immediatamente successivi all'attentato delle Torri Gemelle, con ancora tutto il mondo occidentale terrorizzato e impreparato ad affrontare la minaccia del terrorismo islamico), voli con almeno due o tre scali (perchè costavano meno) e fusi orari da smaltire.
Io lo seguivo per inerzia, ma iniziavo già a stufarmi, poichè tornavo a casa più stanca di quando ero partita e il rientro in ufficio era regolarmente un incubo.
Sempre più spesso mi trovavo a rimpiangere le spensierate e rilassanti vacanze che trascorrevo con i miei genitori; dopo un anno di duro lavoro, infatti, sentivo il bisogno di riposare, di ricaricare le pile, mentre le vacanze con Lorenzo erano dei veri "tour de force" per i quali non ero (e non sono) geneticamente predisposta. 
Per lui erano viaggi entusiasmanti, per me erano solo delle sfacchinate in cui si dormiva poco e si mangiava male.


Nel 2009, per svariati motivi che non ho intenzione di trattare in questo post, io e Lorenzo abbiamo preso strade diverse, e da quel momento non ho più messo piede su un aereo, e devo dire che non mi manca per niente.


A partire dal 2009, quindi, le mie vacanze sono tornate ad essere "semplici": destinazioni raggiungibili in auto, comodità, buon cibo, tante letture e riposo.
Finalmente avevo ritrovato la mia dimensione, era come ricominciare a respirare dopo una lunga fase di apnea.


Tuttavia, c'era ancora qualcosa che non andava, qualcosa che mi impediva di gustare la vacanza al 100%; solo con il tempo ho capito che quel "qualcosa" era riconducibile al fatto che io andavo in vacanza per "fuggire": fuggire da me stessa, fuggire da una casa che non sentivo mia, fuggire da un lavoro claustrofobico, fuggire dall'ansia.


Queste sensazioni hanno caratterizzato le mie vacanze fino al 2015, quando, con Gino, ho preso e sono partita da sola per la Toscana, destinazione Val di Chiana, ove avevo affittato una casetta per una decina di giorni in un paesino di poche anime abbarbicato su una collina, dal quale si potevano raggiungere in pochi minuti di macchina Montepulciano, Pienza e il lago Trasimeno. 
Sono stati dieci giorni da favola; la casa era meravigliosamente calda ed accogliente, la zona splendida e tranquilla, il cibo ottimo, la gente simpatica e disponibile. Avevo portato con me tante letture che, incredibilmente, sono riuscita a portare a termine; il cellulare non prendeva quasi mai per cui ero anche semi scollegata dal mondo esterno, tanto che, per chiamare i miei, dovevo uscire di casa e spingermi verso il centro del paese.
Quella vacanza mi ha fatto capire che io avevo (ed ho) bisogno di questo per stare bene: tranquillità, pace, silenzio, i miei libri, la compagnia del mio cane, la possibilità di mangiare quello che mi piace, senza dovermi stressare con pasti consumati al volo in aeroporto o dovermi adattare alle usanze di un determinato Paese (io, purtroppo, ho una natura ben poco flessibile per certe cose, e il cibo è una di queste).


Quindi, tornando al tema del post, perchè, dopo il 2015 e dopo la vacanza in Val di Chiana, che è stata più che positiva, ho scelto di trascorrere le ferie a casa?


Molto semplice: perchè mi sono resa conto che, nei dieci giorni in Val di Chiana, ho fatto esattamente quello che avrei fatto a casa, solo che ho pagato almeno 700 euro, e la cosa non mi è parsa molto intelligente.
Insomma, ammettiamolo: sborsare 700 euro o più per fare lunghe passeggiate con il cane (che faccio anche a Gaione), mangiare quello che mangio a casa, stare sdraiata pomeriggi interi a letto a leggere e prendere su la macchina solo per fare qualche giro o per andare a procacciarmi il cibo, non è da furbi.
Sono soldi che potrei risparmiare per spenderli in maniera più "costruttiva".


In fin dei conti, io qui, a Gaione, ho esattamente TUTTO quello che mi serve per stare bene: una casa accogliente, silenziosa, ordinata, circondata dai campi e immersa nel verde; la compagnia preziosa del mio Gino, la possibilità di fare lunghe passeggiate con lui, soprattutto in estate, quando ci sono le carraie asciutte ed agibili; ho le mie cose, la mia frutta, la verdura, la pasta di legumi, il mio frullatore, con il quale trasformare la frutta in golosi dessert, buoni da leccarsi i baffi.
Cosa posso chiedere di più ad una vacanza se non quello che già ho a disposizione, 360 giorni l'anno?


Io le mie ferie le trascorro così, a fare quello che mi piace restando a casa mia, circondata dalle "mie" comodità.
Sono diventata vecchia?
No, sono solo diventata più saggia e ho imparato a conoscere me stessa e le mie necessità.
E di questa presa di coscienza, non posso che andarne fiera!


Alla prossima


Francesca di Sport&Sapori




 

giovedì 2 novembre 2017

Natale in anticipo - Un nuovo amico in cucina

Ieri mattina ho anticipato il Natale e mi sono fatta un regalo: un nuovo e potente frullatore professionale, che è andato a sostituire il baracchino da 200 watt, usato fino ad ora, in quanto divenuto ormai insufficiente per le mie "evolute" necessità.
Per carità, ha sempre svolto il suo dovere in maniera più che dignitosa, regalandomi frullati cremosi e saporiti, ma da quando ho incrementato la quantità di alimenti da frullare ho notato che stava iniziando a tenere il passo a fatica, surriscaldandosi dopo pochi secondi di utilizzo.


 Il mio nuovo amico è un "mostro" di robot da 750 watt, due velocità, sei lame e una caraffa in vetro da 1.5LT, quindi adesso tutti gli alimenti ci stanno comodamente senza bisogno di pigiarli.


Per non parlare del design assolutamente professionale e di questa base rossa che già da sola mi piace da morire!


In questi giorni ho avuto modo di sperimentarlo un paio di volte e devo dire che è tutto un altro pianeta: quello che il "baracchino" faceva in minimo due minuti, questo te lo fa in pochi secondi e te lo fa pure meglio.


Non è stato comunque un acquisto da spendacciona, in quanto, come prezzo, mi sono mantenuta nella gamma economica; ho visto esposti frullatori da 200 euro, dai quali mi sono tenuta ben lontana!


Il frullatore è diventato un elemento indispensabile all'interno della mia cucina, visto che ogni giorno consumo ingenti quantità di frutta e i frullati mi permettono di mangiare tanto e di poter aggiungere anche altri alimenti salutari e nutrienti come la frutta secca, i semi, i cereali in fiocchi e le proteine in polvere.


Il frullato, oltre ad essere buono, nutriente e rapido da preparare, è anche facilmente digeribile, in quanto gli stessi alimenti integri, nella stessa quantità, richiederebbero uno sforzo digestivo nettamente maggiore.


Sono quindi più che soddisfatta del mio acquisto e non vedo l'ora di tornare a casa e di prepararmi un altro cremoso ed appagante frullato!


Alla prossima!


Francesca di Sport&Sapori 

martedì 31 ottobre 2017

Volersi Bene e Perdono - Riflessioni Autunnali

Per me, il ritorno all'ora solare e il conseguente aumento delle ore di buio ha un solo significato: tirare i remi in barca e lasciarsi cullare da quella piacevole sensazione di stanchezza che porta a stendersi a letto, coperti da un plaid caldo, con un buon libro in mano e il cagnolino accoccolato di fianco che ronfa.
Questo è esattamente il modo in cui ho trascorso il week-end appena terminato, quello che, appunto, ha segnato l'addio all'ora legale e la gioia di dormire un'ora in più.




Io sono sempre stata un'iperattiva, e l'alternanza di ora solare ed ora legale non ha mai influenzato le mie attività sportive: se c'era da muoversi, lo si faceva in ogni caso, con la luce e con il buio, con la giornata lunga e con quella corta.


Quest'anno le cose stanno andando diversamente; dal momento che mi sento molto più pacata, tranquilla ed in pace con me stessa, sento di non avere la necessità di sfogare all'esterno rabbia, ansie e frustrazioni che non mi appartengono più, e che rappresentavano la causa di tutto lo sport che ho sempre praticato, anche in maniera sconsiderata.


Ritengo che la mia alimentazione abbia considerevolmente influito su queste modificazioni caratteriali: da quando mangio soprattutto frutta, verdura, cereali integrali ed ho ridotto la quantità di carne e pesce, la mia mente si è "riappacificata" con se stessa e con il mondo esterno, liberandosi dal pesante fardello di ansie e sensi di colpa che l'hanno accompagnata in questi anni.


Ieri mattina ho consumato una dolcissima ed appagante colazione costituita da un frullato maxi di banane, mango e pera, uno dei miei preferiti in quanto la dolcezza della pera matura si sposa alla perfezione con il resto della frutta; alla frutta ho aggiunto fiocchi di avena puri al 100%, un paio di datteri, quinoa soffiata, un misurino di proteine in polvere e qualche pezzo di carruba fresca, un frutto poco conosciuto che ha il sapore del cacao e che ha conferito al mio frullato una consistenza "cioccolatosa"!
Ho consumato il mio frullato seduta sul divano, con il cucchiaio e direttamente dal bicchiere del frullatore, con ai piedi un paio di caldissime babbucce in lanina, la musica come sottofondo e assaporando ogni singola cucchiaiata, immensamente grata per quel prezioso momento dedicato a me stessa e al mio piacere.




Grazie a questi piccoli e all'apparenza insignificanti gesti quotidiani, ho riscoperto il piacere di VIZIARSI e di VOLERSI BENE, gratificandosi con quello che più ci aggrada.
Ho capito che la vita è troppo breve per trascorrerla in una perenne battaglia contro se stessi in primis e contro le persone che ci circondano in secundis, che siano esse i colleghi di lavoro, i vicini di casa o i parenti più o meno stretti.




Da quando mi sono liberata da ansia e sensi di colpa ho imparato a PERDONARE: perdonare me stessa, perdonare chi mi ha ferita, perdonare i miei genitori, che stanno invecchiando e non si meritano certo il mio rancore, legato a fatti del passato che una persona adulta quale sono dovrebbe avere ormai superato.


Anche il pranzo, ieri, ha assunto le medesime note di gratificazione e dolcezza della colazione, tanto che dopo, appagata e felice, mi sono coricata a letto a leggere, insieme a Gino, che era contento di avermi a casa con lui.
Dopo il riposino, ho portato Gino a fare una bella passeggiata in campagna poi mi sono allenata con 80 minuti di spinning rilassanti, costanti, al ritmo di una musica che spingeva senza però far accellerare troppo il battito cardiaco, esattamente quello che mi ci voleva per concludere in bellezza una giornata dedicata al relax.
Per cena, ho cucinato della quinoa con broccoli, cavolini di Bruxelles e salmone selvaggio tagliato a dadini, il tutto saltato in padella con aromi e spezie (io ho usato curcuma e zenzero) e accompagnato dalla consueta insalatona di ortaggi crudi.




Ieri mi sono voluta bene, da mattina a sera, e mi sono gratificata con attività e cibo che mi hanno profondamente appagata; il tutto senza muovermi da casa, perchè tutto ciò di cui avevo bisogno era esattamente lì, a mia disposizione, sotto i miei occhi.


A volte penso a quelle persone che, la domenica pomeriggio, si chiudono nei centri commerciali, in mezzo alla confusione, una confusione che essi stessi cercano, perchè il caos permette di distrarsi, sebbene momentaneamente, da se stessi e dai propri conflitti irrisolti.


E' sicuramente molto più difficile mettersi lì, da soli, guardarsi in faccia, leggersi dentro e prendersi la responsabilità della propria salute, fisica e psicologica.


Molti scelgono la via di fuga, quella dell'immersione nella massa, nel "branco", in modo da nascondere i problemi sotto al tappeto; io ho imparato a scegliere il confronto diretto con me stessa e con i miei demoni, e da quel momento ho scoperto una pace interiore mai provata prima.


Siamo solo alla fine di ottobre, l'inverno è ancora lungo da passare, ed il mio proposito è quello di trascorrerlo così, a volermi bene, a gratificarmi, a gestire con calma la mia vita e ad essere più presente in quelle di chi mi vuole bene, a partire dai miei genitori.


Un caldo abbraccio


Francesca di Sport&Sapori







lunedì 30 ottobre 2017

Riflessioni sulla mia Esperienza in Clinica di Riabilitazione Nutrizionale

L'esperienza che ho avuto nel 2009 di riabilitazione nutrizionale presso una nota clinica del nord Italia (di cui volutamente non faccio il nome ma che chiamerò solo "VG") sarà uno di quegli eventi destinati a rimanere scolpiti nella memoria per tutta la vita: perchè è stata un'esperienza emotivamente forte, perchè un allontanamento dal quotidiano era ciò di cui avevo bisogno in quel momento, perchè mi ha dato la forza, una volta tornata a casa, di scegliere per me stessa e di rimescolare le carte in tavola.


Se avessi una foto del "prima" e una foto del "dopo" le pubblicherei, dal momento che da VG è uscita una persona completamente diversa da quella che era entrata.





 VG è una clinica di riabilitazione nutrizionale dai DCA (disturbi dell'alimentazione) in cui vengono ricoverati sia i pazienti con diagnosi di anoressia sia quelli con diagnosi di obesità.



Il ricovero può essere completo, quindi con pernottamento all'interno della clinica, oppure in modalità "day hospital", quindi a dormire il paziente torna a casa.


Nel mio caso, che era serio ma non tra i più gravi, era stato accettato un ricovero in "day hospital", per cui trascorrevo tutta la giornata, dalle 8.00 del mattino alle 20.30 di sera, all'interno della struttura, per poi rientrare in un appartamento in centro paese che avevo affittato per il perido previsto dal ricovero (pari a quindici settimane).


La giornata trascorreva tra incontri con i vari terapeuti e attività di "svago" tra noi pazienti, ma il fulcro del programma di riabilitazione erano ovviamente i pasti, che si svolgevano in una grande ed accogliente sala da pranzo sotto l'attenta supervisione di una dietista e di alcune infermiere, le quali controllavano che noi pazienti terminassimo ogni singola portata; infatti, non era permesso alzarsi da tavola se non si era finito tutto quello che c'era nei piatti.


Detto in questi termini potrebbe sembrare un approccio un pò "nazista", in quanto era perfino prevista una "punizione" nel caso una persona si rifiutasse di terminare il pasto, che consisteva nell'obbligo di bere una bottiglietta da 250ml di preparato ipercalorico, una sorta di integratore aromatizzato al cacao o alla vaniglia.
Io, che sono sempre stata molto ligia alle regole della clinica, non ho mai avuto bisogno di ricorrere a tale integratore, ma ho visto diverse volte le facce schifate delle mie compagne di "viaggio" quando erano costrette a berlo.


In effetti, il momento dell'assunzione dei pasti aveva aspetti piuttosto "militareschi", da caserma, e forse non era esattamente l'approccio migliore per indurre una persona sottopeso ed avversa al cibo a tornare ad amarlo e ad apprezzarlo come è giusto che sia.


Personalmente, essendo per natura abbastanza "quadrata" e quindi amante della rigida disciplina, mi sono trovata bene con questa impostazione ed ho portato a termine il mio percorso di cura nei tempi richiesti e con ottimi risultati, pur mantenendo un occhio obiettivo e critico circa la metodologia adottata.


Ed è proprio sulla metodologia che vorrei fare qualche breve considerazione, alla luce del percorso, per certi aspetti similare, che sto svolgendo in questi mesi.


Ribadisco che per me l'esperienza di VG è stata straordinaria e mi ha trasmesso veramente tanto, quindi il mio scopo non è assolutamente quello di denigrare una struttura che funziona perfettamente, ben organizzata e gestita da terapeuti di alto livello e assolutamente competenti nel loro campo.


Vorrei solo fare un paio di riflessioni sul tipo di alimenti proposti all'interno dei menù di VG che, se per certi versi sono utilissimi allo scopo di riprendere peso velocemente, per altri versi trovo che potrebbero minare la salute in generale del paziente, qualora la loro assunzione dovesse estendersi per un protratto periodo di tempo.


Per quanto riguarda pranzi e cene, niente da dire, in quanto erano a base di pasta, riso, verdura, carne, pesce, uova, formaggi, pane e frutta, cucinati in maniera semplice, non elaborata, quindi assolutamente in linea con i precetti di un'alimentazione completa e variegata.


Le mie perplessità sono indirizzate principalmente agli alimenti utilizzati nelle colazioni e nelle merende del pomeriggio.
Essi, infatti, includevano (parlo volutamente al passato in quanto non so se, attualmente, è ancora così o se le cose sono cambiate):
  • Zucchero bianco in dosi generose
  • Merendine confezionate
  • Biscotti confezionati
  • Bomboloni alla crema
  • Cereali per la colazione (tipo muesli) pieni di zuccheri aggiunti
  • Patatine in sacchetto
  • Panini con la Nutella
  • Budini di fattura industriale
  • Pizzette surgelate
  • Bibite gassate di vario tipo (Coca Cola, Fanta etc.)
L'elenco che ho appena fatto parla da solo: penso che tutti siano concordi nel ritenere i cibi sopra menzionati INDISCUTIBILMENTE buonissimi, ma sicuramente poco salutari.
Non bisogna essere un laureato in medicina per giungere alla conclusione che passare cinque o sei mesi a mangiare questi alimenti dalle due alle quattro volte al giorno non porti ad un ottimale stato di salute.


Ed infatti, sia durante il periodo di ricovero che nei mesi immediatamente successivi alle dimissioni, ho sofferto di problemi di insulino-resistenza e sballi glicemici molto forti, passando da stati di iperglicemia a stati di ipoglicemia reattiva: in pratica, avevo la parola "DIABETE DI TIPO 2" che mi pendeva sulla testa come una spada di Damocle.


Il problema è che, ai tempi, ero ben poco documentata su questi argomenti e davo la colpa della mia cronica spossatezza al surplus calorico a cui il mio corpo era sottoposto per poter ingrassare.
Niente di più sbagliato, in quanto adesso, che mi sto ugualmente sovralimentando allo scopo di riprendere peso (con successo, tra l'altro) assumendo dalle 2800 alle 3000 calorie al giorno, sono, al contrario, piena di energia e non so più che cosa voglia dire la parola "spossatezza".
Questo perchè il mio surplus calorico proviene da fonti "buone", naturali, non da alimenti confezionati, idrogenati e svuotati di ogni nutriente.


Tutto ciò mi fa riflettere parecchio sull'effettivo beneficio, a lungo termine, di un ricovero in una clinica in cui impongono  ai pazienti di mangiare sia alimenti sani, come riso, pasta, carne bianca, verdura etc. ma anche le porcherie sopra elencate, con un innegabile danno alla salute di chi è lì per "guarire" e tornare in salute.


Certo, l'obbiettivo del recupero ponderale lo raggiungi di sicuro (e anche rapidamente) a suon di Nutella e bomboloni ripieni, ma a che prezzo?
Quello di uscire dalla clinica con 15kg in più e un indice di BMI nella norma, ma con la glicemia completamente sballata e ad un passo dal diabete di tipo 2.


Difronte a tale considerazione, c'è poco da stare allegri: entri malato di una cosa e ne esci malato di un'altra, forse anche più grave se, una volta a casa, non sei abbastanza bravo da "correggere" l'alimentazione e tornare ad escludere quegli alimenti che bene non fanno.


Ragioniamo un attimo.


Un bombolone alla crema contiene circa 310 calorie, tutte di zuccheri raffinati, grassi idrogenati, conservanti e poco altro, quindi un alimento completamente privo di nutrienti; lo stesso quantitativo calorico (se non addirittura il doppio!!!) lo si raggiunge semplicemente con un frullato di 2 banane+1 mango + 1 cako o 1 cacomela+ 2 cucchiai colmi di fiocchi d'avena (puri al 100%, non zuccherati) + 5-6 mandorle + 1 misurino di proteine in polvere.
A parità di calorie (ma vi assicuro che il frullato sopra descritto ne contiene almeno 700!), l'apporto di nutrienti non è paragonabile, in quanto il frullato è una "bomba" di zuccheri semplici, vitamine e minerali (contenuti nella frutta), di zuccheri complessi (quelli dell'avena), di grassi buoni (quelli della frutta secca) e di proteine (quelle dell'integratore, sul cui utilizzo ho scritto un post dedicato che, se siete interessati all'argomento, vi invito a leggere), il tutto immerso nell'acqua altamente biologica di cui la frutta stessa è composta.
Non dimentichiamoci poi l'apporto di fibre contenute nella frutta (e totalmente assenti nel bombolone!!!), fondamentali per rallentare l'assimilazione degli zuccheri e quindi evitare i picchi glicemici che sono invece tipici di chi mangia cibi industriali.


Ora, non sarebbe quindi auspicabile che un'equipe di medici, nutrizionisti e dietisti inserisse nei menù di una clinica riabilitativa un bel frullato da 700 calorie, pieno di nutrienti, al posto di panini alla Nutella e di Kinder Bueno???


 Io sono convinta che, in quanto medici, queste cose le sappiano.
Le DEVONO sapere, perchè le hanno studiate per anni.


Il fatto è che, probabilmente, entrano in gioco aspetti di carattere economico che non è mia intenzione approfondire in questa sede.


Lasciatemi solo ipotizzare che, con ogni probabilità, al sistema sanitario nazionale costa MOLTO MENO "sfamare" un gruppo di 15 persone con una o due merendine confezionate a testa che con 15 frullati composti da frutta esotica (già di per sè cara), frutta secca, cereali in fiocchi puri al 100% e costose proteine del siero di latte di alta qualità.


Lungi da me fare della critica, ripeto: le mie sono solo considerazioni, basate sulla diretta esperienza e sulla lettura di una notevole quantità di documentazione in merito.


Attualmente, come ho avuto modo di scrivere nel post dedicato alla tecnica della visualizzazione mentale, sto facendo un percorso di recupero del peso tale e quale quello intrapreso anni fa a VG, con la differenza che mi sto nutrendo in maniera molto sana, scegliendo alimenti salutari, naturali e veramente NUTRIENTI.


Grazie a questa scelta, sto ingrassando di circa 1 chilo al mese, in maniera graduale e senza tutte le problematiche di glicemia sballata e di insulino-resistenza che avevano invece caratterizzato il mio percorso a VG.


Alla prossima!


Francesca di Sport&Sapori
  



giovedì 26 ottobre 2017

Il Potere della Visualizzazione - Diventare la Persona che vorresti essere

Nel post precedente ho parlato di come io abbia applicato la tecnica della visualizzazione in ambito sportivo, per gestire ed affrontare un evento psicologicamente e fisicamente impegnativo come la Maratona.


In questo articolo vorrei invece raccontare di come la pratica della visualizzazione mi abbia supportata nel diventare una persona migliore, la persona che volevo essere (e tutt'ora mi sta supportando, in quanto il lavoro su me stessa non è certo terminato ma è un costante "work in progress").


Tutto ha avuto inizio cinque mesi fa, quando mi sono trovata ad un punto della mia vita in cui non mi piaceva per niente la Francesca che ero diventata, sotto diversi aspetti: ero dimagrita tantissimo, in maniera sconsiderata, per cui esteticamente non ero certo un bello spettacolo; ero sempre tesa, ansiosa, nervosa, irascibile, sia al lavoro che nella vita privata, aggressiva nei confronti delle persone che mi vogliono bene.


Insomma, sia fisicamente che psicologicamente non stavo certo dando il meglio di me.


Così un giorno, dopo uno spiacevole scontro con mio padre in merito proprio alla mia eccessiva magrezza, qualcosa si è acceso nella mia testa, una sorta di campanello di allarme, che mi ha fatto capire che in questo modo non potevo andare avanti, che un cambiamento era ormai necessario: dovevo ricominciare a nutrirmi, dovevo riprendere i chili persi e migliorare la mia vita sociale, che si era praticamente azzerata.


Compresi subito che, per affrontare un percorso di cambiamento esteriore ed interiore così impegnativo e prolungato nel tempo (perchè non è che si ingrassa 12 chili e si cambia personalità in due giorni) avrei dovuto riprendere in mano la tecnica della visualizzazione ed applicarla ai miei nuovi obbiettivi.  


Innanzitutto, mi sedetti a tavolino e misi nero su bianco i traguardi che volevo raggiungere, dandomi un anno come scadenza per terminare tutto il "processo" di cambiamento.


Chiariti gli obbiettivi, iniziai a "costruire" nella mia mente l'immagine della persona che volevo diventare: una donna fisicamente sana e in forma, elegante, raffinata senza essere spocchiosa; volevo essere una persona apprezzata e rispettata sul lavoro, disponibile al confronto intelligente con i colleghi per risolvere insieme eventuali problematiche; volevo migliorare l'aspetto "sociale" del mio carattere, cercando di aprirmi maggiormente agli altri, essere più sorridente e più bendisposta nei confronti del prossimo, invece di rifugiarmi sempre, come una lepre selvatica, nella solitudine della mia tana.


Il lavoro da fare era quindi enorme, una trasformazione completa e 12 mesi per portarla a compimento: se non avessi avuto ben chiaro nella mia testa il risultato di cotanto impegno, non ce l'avrei mai fatta.


Visualizzai ogni singolo dettaglio del percorso: che cosa avrei mangiato, in quale quantità, dove avrei consumato i miei pasti, quale e quanta attività fisica avrei svolto, che cosa avrei indossato al lavoro, come mi sarei comportata con i colleghi, il tono di voce che avrei utilizzato, la gestualità, gli sguardi; visualizzai il trucco che avrei portato durante il giorno, il taglio e il colore dei capelli, il tipo di scarpa o stivale che avrei calzato in ogni occasione.


Nella mia testa "vidi", come se fossi stata seduta al cinema davanti a un film, una Francesca che mangiava determinati alimenti, che si allenava allo scopo di incrementare la massa muscolare, che recuperava forme più femminili, che aumentava gradualmente di peso; vidi una Francesca che si muoveva nel mondo con vivacità, con leggerezza, con un sorriso sempre pronto per chiunque; vidi una Francesca che, invece dei soliti jeans e delle solite scarpe da ginnastica, indossava abiti aderenti, adatti al suo fisico e alla sua statura, collant neri ed eleganti decolletè con il tacco; vidi una Francesca che in ufficio era sicura di sè, che guardava tutti negli occhi ed affrontava i problemi con autocontrollo e lucidità, giungendo sempre ad una soluzione.
Insomma, vidi una Francesca che letteralmente usciva dal bozzolo e "spaccava" il mondo, una persona che, nel suo piccolo, poteva considerarsi di successo, una VINCENTE.


Con questa visualizzazione nella mente, il resto venne più o meno da sè, nel senso che i miei comportamenti iniziarono a cambiare in conseguenza ad essa.


Nel corso di questi cinque mesi, spinta dall'immagine mentale che avevo costruito, "plasmai" una nuova versione di me stessa, che tutt'ora sta prendendo forma ma che ha già raggiunto una fase avanzata più che soddisfacente.


Dopo cinque mesi, il mio peso è aumentato di quasi sei chili, nonostante mi alleni ogni giorno per almeno 1 ora, sia praticando spinning che facendo lunche camminate con Gino (al momento la corsa l'ho sospesa, ma la riprenderò a breve, mi manca troppo); il mio corpo, grazie al connubio tra alimentazione e sport, si è irrobustito e la muscolatura è aumentata; i tratti del viso sono distesi, rilassati, gli occhi sono lucenti e vispi come quelli di una ragazzina.
Dal punto di vista caratteriale, sono diventata più tollerante, più pacata e riflessiva, più lucida e con un maggior autocontrollo, esattamente il risultato che mi ero prefissata di ottenere; sul lavoro ho un rendimento altissimo con uno sforzo tutto sommato contenuto, grazie ad un'alimentazione che non mi appesantisce e non mi "annebbia" il cervello. 
E anche dal punto di vista di look ed outfit...bè, vi dico solo che oggi indosso un abito grigio aderente, collant neri e un paio di stivali in pelle neri alla "Pretty Woman"...e mi sento da Dio in questi panni!


Insomma, dopo cinque mesi posso ritenermi più che soddisfatta del lavoro svolto e dei risulati raggiunti, perchè è esattamente QUELLO CHE VOLEVO!


E tutto è stato possibile grazie alla tecnica della visualizzazione: avevo un film nella mia testa ed io questo film l'ho reso concreto, reale.


Come ho già detto, al momento mi trovo solo a metà del percorso, ma la Francesca di adesso non ha più alcuna parentela (se non puramente anagrafica) con la Francesca di cinque mesi fa.


Questo è sicuramente uno dei traguardi più importanti che io sia riuscita a raggiungere nella mia vita, fino ad ora, perchè lavorare SU se stessi e CON se stessi non è MAI una cosa nè semplice nè scontata.


Alla prossima!


Francesca di Sport&Sapori







   



martedì 24 ottobre 2017

Il Potere della Visualizzazione - La Maratona di Reggio Emilia

In questo post vorrei parlare della tecnica della visualizzazione e di come essa mi abbia supportata nel raggiungimento di alcuni importanti obbiettivi che mi ero prefissata, sportivi ma prima di tutto personali.




Diciamo subito che la visualizzazione è una pratica adottata in ambito sportivo dalla ormai stragrande maggioranza dei "mentalcoach" che seguono squadre o anche singoli atleti.




In maniera molto semplicistica e senza addentrarsi troppo in spiegazioni teoriche, si può riassumere la visualizzazione come un atto "creativo" in cui la nostra mente letteralmente "plasma" delle immagini, le costruisce nei minimi dettagli, definendo nella maniera il più possibile precisa ogni particolare, per poi "proiettarle" e, appunto, "visualizzarle", in modo da farle proprie, da "metabolizzarle", da "digerirle", allo scopo di tramutare quelle immagini, costruite ad hoc, in realtà.


Attenzione, non si tratta certo di magia, il tutto è molto concreto.




Semplicemente, una volta "digerite" quelle immagini, noi, a livello più o meno conscio, mettiamo in atto dei comportamenti tali da arrivare a realizzare le visulizzazioni create dalla nostra mente.




Giusto per fare un paio di esempi, ed attingendo, come sempre, non da Wikipedia ma dalla mia diretta esperienza, vi posso parlare delle occasioni in cui ho utilizzato la tecnica della visualizzazione in prima persona, sperimentandola su di me, in campo sportivo e privato.




La prima volta che ho utilizzato la visualizzazione è stato nel 2014, quando ho corso la mia prima Maratona, quella di Reggio Emilia.




Mi ero preparata mesi per quell'evento, passando l'estate e l'autunno (la maratona si è tenuta nel mese di dicembre) a correre centinaia di kilometri, in pianura ed in collina, su asfalto e su seterrato, con il caldo e con il freddo, con la luce e con il buio, sotto il sole cocente e sotto la pioggia battente.




Insomma, volevo essere pronta, non lasciare nulla al caso, e quindi mi ero fatta letteralmente un mazzo così!




Qualche giorno prima della gara, ecco sorgere dubbi e dolori immaginari: sarò pronta? Mi sono allenata abbastanza? Ho fatto abbastanza "lunghi"? Cos'è quel dolorino al ginocchio? E questo improvviso risentimento al bicipite femorale? Non mi sarò mica infortunata, proprio adesso!


Ecco, tutta una serie di pensieri di questo tipo che stavano tramutando i giorni mancanti all'evento in una lenta agonia.




Per fortuna, sono stata sufficientemente lucida da mettermi davanti allo specchio e fare due chiacchiere con me stessa.
Okay Francesca, mi sono detta, sei agitata, nervosa e ci sta; in fin dei conti, stai per andare a correre 42km, mica noccioline: si tratta pur sempre di stare sulle gambe per 4 ore ininterrotte, ad essere ottimisti.
Però, cerca di trovare un modo per placare quest' ansia, sennò rischi di mandare a puttane mesi e mesi di dura preparazione.




Così, mi sono messa tranquilla ed ho iniziato a "visualizzare" nella mia testa il giorno della maratona e l'andamento della gara, dall'inizio alla fine, senza tralasciare alcun particolare.
Dal ritiro del pettorale alla fase della vestizione; dallo sparo iniziale al modo in cui avrei affrontato i primi chilometri; ho visualizzato in maniera dettagliata gli indumenti che avrei indossato, gli integratori che avrei consumato, decidendo in anticipo a che punto del percorso li avrei assunti; mi sono vista correre, tranquilla, serena, in mezzo ad altri runner che erano lì, come me, per divertirsi e per fare un qualcosa che ci avrebbe lasciati tutti pieni di emozione.


La mia mente ha creato l'immagine di una Francesca che correva felice, senza un dolore, lucida, fino alla fine, fino al tragaurdo; ho visualizzato con precisione il momento stesso in cui sarei passata sotto al gonfiabile del FINISH e l'assistente di gara mi avrebbe messo al collo la medaglia da FINISHER.




In poche parole, ho letteralmente creato nella mia testa il "film" di quella che sarebbe stata la mia gara e, con questa visualizzazione, domenica 14 dicembre 2014 sono partita alla volta di Reggio Emilia.




Non so se sia stato merito della visualizzazione o se, semplicemente, era destino che andasse così: fatto sta che la mia gara si è svolta ESATTAMENTE come da visualizzazione da me creata.


Ho corso sempre bene, lucida e rilassata, assumendo acqua e cibo al momento giusto, spingendo quando potevo e rallentando quando dovevo; sono arrivata al traguardo senza un dolore, con nelle gambe ancora la voglia e la forza di correre altri chilometri, e ho infilato la testa, con enorme soddisfazione e commozione, nella medaglia che l'assistente di gara mi ha messo al collo.




Come avrete capito, il "film" che la mia testa aveva creato giorni prima, e nel quale mi ero immedesimata, è diventato realtà, si è concretizzato, dal primo all'ultimo dettaglio, in quella fredda mattinata di dicembre, in cui ho chiuso la mia prima maratona in 3h 56', quindi ben oltre le più rosee aspettative.




Nel prossimo post vi parlerò di come, invece, la tecnica della visualizzazione mi sia tornata utile in ambito privato, per raggiungere un importante risultato di salute fisica e stabilità psicologica.




Stay tuned!




Francesca di Sport&Sapori


  




Ode alla Campagna - La mia vita a Gaione

Oggi mi sento particolarmente bucolica (come sempre accade dopo un week-end trascorso in mezzo al verde di casa mia) per cui vorrei condividere con i miei lettori le gioie della vita in campagna, soprattutto quando la campagna si trova a cinque minuti da ogni tipo di necessità (supermercato, lavanderia, ottico, benzinaio, negozio di animali e farmacia, solo per citarne alcuni).
Io vivo a Gaione, una località di poche anime che fa parte del comune di Parma, ormai dal 2009.


Il centro nevralgico di Gaione è rappresentato dalla chiesa (un'antica pieve del XII secolo), da villa Paganini, dal Podere Catena e dal pub McQueen.


Messa in questo modo potrebbe sembrare il massimo dello squallore e della morte sociale, ma vi assicuro che non è così, perchè di movimento, a Gaione, ce n'è sempre parecchio, soprattutto durante la stagione estiva, quando impazzano le sagre di paese.
Prima di trasferirmi a Gaione ho sempre vissuto in città, e quindi ho sempre creduto che la vita di città fosse l'unica possibile: muoversi in autobus, andare in centro a fare compere o solo per un giro, portare il cane al Parco Ducale o in Cittadella.


Da quando ho abbandonato la città per la campagna, ho scoperto un modo di vivere totalmente diverso, più a contatto con la natura e con se stessi.


Io, poi, che sono geneticamente introversa, ho trovato nella campagna la mia dimensione ideale, tanto che adesso un ritorno alla città lo vedo come assolutamente improbabile.
In campagna, il tempo scorre con un ritmo tutto suo, rallentato, contemplativo. 
Ti alzi presto al mattino, spalanchi le finestre e ti trovi davanti i campi, verdi, bagnati di rugiada.
Altro che i casermoni della città.
Durante la bella stagione, io amo fare colazione sul balcone, osservando con occhio grato i prati che circondano casa mia.
In quel momento, vi assicuro che non vorrei essere da nessun'altra parte.
Cuore e mente trovano una pace indescrivibile.
Poi si esce con il cane per una corroborante passeggiata all'aria aperta.
Il nostro percorso preferito è lungo la strada sterrata che porta a Villa Paganini (nella foto in alto) e poi al Podere Catena, passando per la Chiesa; una bella strada quasi sempre deserta, immersa nella quiete della campagna, ove si incrociano saltuariamente solo altre persone con i cani o qualche sporadico runner in allenamento.
Accanto alla Chiesa c'è anche un recinto con i cavalli, ed io e Gino ci fermiamo sempre per dare un saluto a queste magnifiche bestie (in realtà Gino abbaia e si dimena, sfidando impavido la loro mole).


Da marzo a ottobre, Gaione è anche il paradiso dei runner, in quanto sono innumerevoli i percorsi che si snodano lungo le carraie.


Io mi sono allenata innumerevoli volte su quelle carraie, arrivando fino a Corcagnano durante i miei "lunghi" di oltre 20km (quanto mi mancano quelle splendide corse di oltre due ore...).


Se fino allo scorso anno il problema dei runner di Gaione era come affrontare la buia stagione invernale, da quando il comune ha inaugurato la pista ciclabile Gaione-Campus, completamente illuminata, chi ama correre (e può farlo solo alla sera tardi) non deve più rischiare la pelle affrontando strade buie e trafficate ma può divertirsi tranquillamente lungo questa bella pista che porta al Campus.


Io, adesso che non corro, la percorro con Gino quando usciamo in passeggiata, dopo il lavoro, e stiamo fuori anche un'ora e mezza, in completa sicurezza: è molto piacevole, e devo dire che questo "benefit" non ha fatto che accrescere la mia passione per Gaione, se mai ce ne fosse stato bisogno.


Come ho detto sopra, Gaione significa anche sagre, e tra l'estate e il mese di settembre, le occasioni di fare festa si sprecano.
La più famosa è la Sagra Settembrina, che si prolunga per tutto il mese, dal venerdì sera alla domenica.


Di solito vengono chiamate delle orchestre di ballo liscio a movimentare le serate ed è bello affacciarsi al balcone e sentire la musica provenire dalla Chiesa, ove viene organizzata la sagra.


Quando ci sono le sagre, mi piace, dopo cena, scendere con Gino e raggiungere la Chiesa, passeggiando a suon di mazurca! 😄


Insomma, la mia vita in campagna è senza dubbio una vita felice, quella che più rispecchia il mio essere, la mia intima solitudine, la mia riservatezza.
Durante la notte, ci sono un silenzio ed una pace che a vivere in città non te le sogni neanche.


A Gaione ho trovato la mia dimensione ideale, e sono sicura che non farò mai più ritorno in città.


Un abbraccio ai miei lettori e alla prossima!


Francesca di Sport&Sapori







lunedì 23 ottobre 2017

Sull'Arte del "Fare la Spesa"

Fare la spesa non è una cosa che si improvvisa: fare la spesa è un' ARTE.


Probabilmente, non tutti saranno d'accordo con questa mia affermazione, anche perchè fare la spesa è un pò come mangiare fegato e animelle: o lo odi, o lo ami.


Io, personalmente, faccio parte della seconda categoria: ADORO fare la spesa, e per questo motivo ho adottato una strategia ben precisa che mi permetta di dedicare a codesta attività sia il giusto tempo che lo stato d'animo adeguato.


Generalmente, in che modo facciamo la spesa?
Ovvio: di corsa, incastrandola tra l'uscita dall'ufficio e la lezione di nuoto dei bambini o tra il suono della campanella di scuola e la manicure dall'estetista.


Insomma, quello che dedichiamo alla spesa non è mai un tempo "ad hoc" o "tailor made", ovvero cucito su misura: è un tempo "rubato", un qualcosa che dobbiamo incastrare tra altre attività che riteniamo più importanti.
Con il risulato che fare la spesa diventa un obbligo, una scocciatura, una perdita di tempo, e non un piacere, come dovrebbe essere.
In fondo, noi entriamo al supermercato per fare un favore a noi stessi, dal momento che in quel posto acquistiamo cibo che si tramuterà in nutrimento per il nostro copo e per la nostra anima.
Quindi, perchè molti di noi odiano questa attività che, al contrario, dovrebbe stimolare la nostra curiosità e il nostro interesse?


Penso che la risposta sia molto semplice: perchè abbiamo la tendenza a sottovalutare quello che finisce nel nostro carrello.
Entriamo al supermercato, sappiamo di avere a disposizione solo 15-20 minuti per riempire il carrello, pagare, imbustare, caricare in macchina e poi correre a prendere i figli a scuola o andare dal parrucchiere o alla partita di calcetto con gli amici.
Così, presi dalla fretta e dal panico, afferriamo le prime cose che ci vengono in mano, possibilmente comode e rapide: cibi in scatola, sughi pronti, merendine confezionate, alimenti precotti, insaccati e buste su buste di surgelati, dai Quattro Salti in Padella agli hamburger alle pizze.


Okay, sicuramente abbiamo riempito il carrello, ma abbiamo veramente scelto il nutrimento giusto per il nostro corpo?
Siamo proprio convinti che le nostre cellule, per rimanere in salute, abbiano bisogno di quel cornetto alla crema (confezionato! Almeno fosse fresco di forno...) pieno di grassi idrogenati, conservanti e olio di palma? 


Ora, non sono qui per propinare ai miei lettori una pallosissima lezione su ciò che fa bene e su ciò che fa male, perchè, a grandi linee, tutti lo sappiamo, per cui risulterei solo pedante e ripetitiva.


La mia è solo una riflessione in merito a come si può trasformare un momento della giornata, ritenuto dalla stragrande maggioranza come un'antipatica incombenza, in una piacevole parentesi dedicata a noi stessi e al nostro benessere, al pari (se non più importante) di un appuntamento dall'estetista o dal massaggiatore.


Non voglio darvi delle regole, per cui mi limiterò ad esporvi quello che è il MIO approccio alla spesa.


Innanzitutto, pianifico in anticipo quando andarci.
Ovviamente, non parlo della piccola spesa infrasettimanale che tutti facciamo quando usciamo dall'ufficio, giusto per prendere due cose, ma di quella "grossa", quella che fai una volta alla settimana per crearti una scorta che ti debba durare almeno cinque o sei giorni (a seconda di quanti proditti freschi consumi).


Di solito, il sabato mattina è il giorno da me battezzato per la spesa, oppure la domenica, ancora meglio in quanto il supermercato è praticamente deserto e si può girare con tranquillità per le corsie senza fare lo slalom tra i carrelli fermi in mezzo.


Mi sveglio molto presto anche di sabato, porto fuori Gino per la passeggiata del mattino, faccio una bella colazione con calma (di solito un frullatone di banane, manghi e, visto che è periodo, kaki o cachimela) e alle 8.15-8.30 sono già pronta per uscire.


Io sono un'amante del discount, perchè riesci a trovare prodotti freschi e di qualità ad un prezzo ragionevole; inoltre, aspetto non trascurabile, di solito il discount è poco frequentato, per cui, anche di sabato, ti muovi liberamente, senza la massa di gente che, invece, trovi nei centri commerciali più "rinomati".
Per esempio, so bene che se al sabato oso mettere piede all'Esselunga o all'Ipercoop, è come entrare al Louvre in piena stagione turistica: i ravanelli e i cavoletti di Bruxelles li vedi solo da lontano, proprio come la "Gioconda"!


A me piace fare la spesa in santa pace, toccare frutta e verdura, scegliere i prodotti migliori, valutare con calma se questo avocado è abbastanza maturo o è ancora acerbo; se devo fare tutto ciò con alle spalle una signora isterica che mi mette ansia perchè anche lei deve buttarsi sul cesto degli avocado, allora preferisco lasciar perdere e andarmene.  


Mi piace dedicare tempo alla spesa, perchè so che ogni singola scelta avrà una ripercussione sia a livello fisico che mentale.
Per questo dico che fare la spesa è un'arte e che non va improvvisata: se fai scelte sbagliate, queste si ripercuoteranno su di te.


Il mio carrello della spesa somiglia molto a quello dell'immagine a fianco: variegato, colorato, fresco.


Diciamo che, per me, il più grosso viene fatto nel reparto ortofrutta, ove staziono parecchio tempo; le corsie centrali, piene di alimenti confezionati, praticamente le salto a piè pari, se non per veloci "raid" quando devo comprare riso, pasta e cereali in fiocchi tipo avena, amaranto e quinoa.
Il banco del pesce e quello della carne subiscono visite meno frequenti ma altrettanto ragionate, in quanto mi assicuro di acquistare tagli freschi e, ove possibile, che provengano da allevamenti controllati o, nel caso del pesce, da animali pescati nell'Oceano.


Quando esco dal supermercato sono sempre soddisfatta e di buon umore, perchè ho la consapevolezza di aver riempito i sacchetti di alimenti buoni, gustosi, sani, che si tramuteranno in ottimo nutrimento per la mia pancia, oltre che delizia per il palato e per gli occhi.    


Buona spesa a tutti!


Francesca di Sport & Sapori